Un libro sulla deportazione nazista: "I vivi e i morti" di Mino Micheli
- Written by Eugen Galasso
- Published in Letteratura e poesia
Un libro sulla deportazione nazista: "I vivi e i morti" di Mino Micheli
E' raro che un libro nasca da un militante e diventi un esempio di testimonianza (e di monito, si noti l'assonanza e la comune radice dei due lemmi) civile "forever": è il caso di "I vivi e i morti" di Mino Micheli (Milano, Mondadori, 1967), partigiano e militante socialista, nato a Leno (Brescia) nel dicembre 1902, che fu "ospite" del campo "di passaggio" di Bolzano e poi del Lager di Mauthausen, uscendone vivo e riuscendo a scrivere quest'opera, che è, appunto di testimonianza in primis etica e poi lato sensu "politica" contro la barbarie nazista.
"Straordinaria galleria di ritratti", la definisce giustamente Mario Bonfantini, critico e storico della letteratura, dove Micheli parla dei suoi "copains de l'orage", dei suoi co-deportati, di cui pochissimi ebbero la ventura di sortire dal Lager all'arrivo liberatore dell'esercito USA (senza l'arrivo dei soldati USA non ci sarebbe stata "liberazione", come anche in misura molto minore senza quello dell'Armata Rossa sovietica; ciò non toglie nulla al valore della Resistenza italiana, dove, come anche in questo libro, si riscopre l'importanza della componente socialista e di quella "liberal-socialista" e "liberaldemocratica" del Partito d'Azione, contro una visione a stampo unico, per cui solo i militanti comunisti sarebbero stati praticamente i soli resistenti...).
Un ritratto a tutto tondo, talora un po' manicheo, quello di Micheli, che però ci dice molto sulla vita nel lager e sulla sua gestione (aguzzini nazisti e loro collaboratori-kapòs dei vari reparti, generalmente criminali comuni, spesso-ma non sempre-polacchi, ferocissimi, sadici, pedofili), più in generale sull'Orrore e gli Orrori del 1900, di cui quello nazista fu il più orribile e assurdo. Con alcune lezioni di etica da tenere a mente, come quando un recluso dice all'altro, desideroso di "vendicare tutto il male che ci hanno fatto", "Sei socialista?" "Sì..." "Allora parla di giustizia; è la parola più adatta, la vendetta e l'odio ci hanno portato qui, la giustizia ci darà l'amore e la pace" (op.cit., pp.144.145). La lezione dei Costa, dei Nenni, della tradizione socialista(accidentata, invero) fino ad oggi, da rimeditare sempre.
Eugen Galasso
PS: che strano che a Bolzano non mi pare sia mai stato invitato Micheli a parlare del lager. (FG)
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