Riflessioni dopo un saggio di Vincenzo Calì su Cesare Battisti e la Grande Guerra

Riflessioni dopo un saggio di Vincenzo Calì su Cesare Battisti e la Grande Guerra

 Un saggio dello storico Vincenzo Calì, a lungo direttore del Museo del Risorgimento e della lottà per la libertà (oggi Museo Storico) di Trento, su "Cesare Battisti: la tragedia, la memoria, l'eredità. Cent'anni dopo il 24 maggio 1915", che è il numero monografico de "Il Margine", anno 35 (20159, n.5), ripropone i dilemmi dei socialisti, non solo di Battisti, di fronte alla questione nazionale, ma anche alla guerra:

A) Battisti, come tutti o quasi i socialisti del suo tempo (francesi, italiani, germanici, austriaci e di altre nazionalità) e forse di sempre, tendeva a un superamento della/e nazionalità ("L'operaio non ha patria", Karl Marx dixit e Marx per i socialisti del tempo era ancora determinante, pur se con varie "revisioni"), ma al tempo stesso era giustamente convinto dell'italianità del Trentino (non del Suedtirol/Alto Adige, su cui non si esprime se non raramente).

Ciò gli fece accettare, con tutte le riserve possibili, la Prima Guerra Mondiale tanto da andare volontario al fronte, nonostante la costante critica al generale Cadorna e al militarismo idiota del Regno d'Italia sabaudo.La condizione di tutti i socialisti, di parte dei comunisti, ma anche degli anarchici (il loro rappresentante di punta, il principe russo Petr Kropotkin, era a favore della guerra contro l'impero austro-ungarico come anche contro lo zarismo russo, le due massime espressioni di autoritarismo del tempo, secondo lui). Non solo i socialisti, dunque, in contraddizione, ma anche altre espressioni, ben più estreme della sinistra;

 

B) Il nazionalismo fascista attizzava un odio feroce contro Tirolo e K.und k.(Impero austroungarico), ma altrettanto (ciò si evince poco dal saggio di Calì, che esamina il punto di vista italiano, quindi non può esaminare tutte le fonti) faceva il nazionalismo austro-tirolese. Tale nazionalismo, meno fortemente in Italia (De Gasperi - deputato alla Dieta di Vienna - era fortemente "italiano" e in grave difficoltà con la guerra), in Sud-TIrolo/Alto Adige e in certi casi in Trentino si legava e si lega (cfr.il PATT in Trentino e prima il PPTT di Enrico Pruner) al clericalismo.

 

Bella una lettera spedita a Mussolini, Natale del 1922, nella quale Battisti ribadisce come "L'Italia, rifatta libera ed una su membra sparse da secoli, era invece uscita fuori dal principio Dio e Popolo (principio mazziniano, e.g.) che è l'opposto di Prete e Principe e che significa semplicemente Libertà: libertà nello spirito e nelle forme".

 

Clericalismo italiano come anche tirolese, che ancora a metà anni Sessanta del 1900 faceva scrivere all'allora vescovo di Bolzano-Bressanone Joseph Gargitter parole di severa ammonizione contro la SFP (sic! partito socialdemocratico sudtirolese, letteralmente "del progresso"!) di Egmont Jenny.

 

Da sempre il Trentino e il Sudtirolo, nella totale diversità, non sanno scegliere tra il principe vescovo, il clericalismo, Pruner e Andreas Hofer da un lato e scelte laiche (che non vuol dire atee, attenzione) e di progresso, dall'altro (ex. in Suedtirol: Michael Gaismayr), ma da questa scelta dipende l'oggi e anche il domani di queste terre.

 

Eugen Galasso

Last modified onDomenica, 05 Giugno 2016 12:27