"parole sante"

“Parole Sante”, anzi, “Parole di Santo Padre”. Papa Francesco, rientrando ad inizio novembre dalla Svezia, ha detto delle cose che lasciano il segno in riferimento al tema dei migranti.


E’ uscito dalla giaculatoria alla quale ci hanno abituati (almeno quelli tra noi che vanno in chiesa), ha buttato nel cestino dell’aereo il chiacchiericcio “buonista” sull’”accoglienza” e basta (cioè la focalizzazione solo sul bene che si deve fare verso chi è in difficoltà ma con la totale dimenticanza di valutare anche gli effetti che questi movimenti producono e delle conseguenze che portano con loro) ed ha detto, era ora che lo si facesse, quello che doveva essere detto: "Credo che non si possa chiudere il cuore ad un rifugiato, ma serve anche la prudenza dei governanti: devono essere molto aperti a ricevere ma anche devono fare il calcolo di come poter sistemarli, perché non solo un rifugiato lo si deve ricevere, ma lo si deve integrare. Si devono ricevere quelli che si possono integrare".

Parole di realpolitik che in bocca a Bergoglio suonano nuove. Per la prima volta Francesco fa esplicito riferimento ai limiti dei paesi europei, dimostrando comprensione delle complessità di gestione politica. Fa sua anche la distinzione tra "migrante" e "rifugiato". "Il migrante viene trattato con certe regole", dice, mentre "il rifugiato viene da una situazione di guerra, di angoscia, terribile". Lo status del rifugiato "ha bisogno di più cura".

L’eco di queste parole è stato davvero scarso. Ma è cominciato lo smantellamento di posizioni che stanno portando allo sfascio politico.

Pietro Vittorio

Last modified onMartedì, 02 Gennaio 2018 15:55