Martedì pomeriggio e fuori finalmente piove. Ho un’ora buca, come si dice, prima di dover andare a prendere mia figlia a scuola. Non ho nemmeno la palestra oggi e così mi dico che è l’occasione perfetta per visitare la mostra dedicata ad Antonio Canova.
Ho poco più di un’ora ma sono certa che basterà! Varco le porte del Centro Trevi di Bolzano e vengo accolta con felicità davanti alla mia richiesta di informazioni riguardo alla mostra. Una signorina mi accompagna e mi spiega come muovermi e da dove cominciare.
Come ad una cena l’entrée è il biglietto da visita di ciò che seguirà, e subito si entra in contatto con la copia scolpita in forma 3d da un robot realizzata dal Gruppo di Magister Art. La riproduzione è fedele all’originale, anche se percepisco la finzione che soffoca un po’ lo stupore che normalmente provo davanti ad un’opera scolpita: quando ci si domanda come un uomo abbia potuto tirare fuori quella cosa li da un pezzo di marmo. Quando l’occhio stupefatto ammira le dita delle mani, le onde dei capelli, lo scivolare dei tessuti. Fermi ma allo stesso tempo mobili, vivi, scolpiti.
Salgo le scale ed entro nella sala principale della mostra. L’attenzione è subito catturata da loro: Amore e Psiche giacenti. Attorno alle pareti quadri e pannelli mi accompagnano nel viaggio rocambolesco e quasi leggendario che la scultura ha vissuto proprio attraversando Bolzano nei primi decenni dell’800, durante il tragitto che da Milano doveva portala a Monaco. Ma la storia mi racconta anche del gran tour che lo stesso Canova fece da Roma verso Vienna e poi in Germania, passando per il Tirolo, e dunque per Bolzano. Un tour fatto di malavoglia e, come si scopre, intrapreso solo per ricevere un vitalizio riservato ai grandi artisti del tempo. Sorrido. Tutto il mondo è paese.
I fatti mi vengono raccontati da un gruppo di studenti dell’ultimo anno del Liceo Classico di Bolzano. Si stanno preparando, presto arriverà una scolaresca e loro oggi faranno da Ciceroni. C’è brusio. A volte rileggo la stessa riga di descrizione del pannello due volte. Ma l’aria sa di vita, ansia, voglia di fare bene! E così inaspettatamente e completamente da fuori programma vengo accompagnata da questi ragazzi, che alternandosi, mi raccontano chi era Canova, la favola di Apuleio, mi riportano al periodo napoleonico con il Viceré d’Italia Eugenio Beaurnais, alla bottega del Canova a Roma dove uno dei suoi allievi riprodusse la copia dell’abbraccio tra Amore e Psiche, che ora è li davanti a me, nella sua bellezza e nelle sue imperfezioni. Mi raccontano di Karl Sigmund Moser, di un giardino segreto nel centro storico di Bolzano, e delle cronache di Giovanni a Prato, che nel 1868 colloca il gruppo di Amore e Psiche a Villa Margone a Trento, dove la storia si chiude.
Guardo questi ragazzi e mi rivedo con affetto e malinconia. Ripenso al mio ultimo anno di liceo, alla vita che stava per spalancarsi: all’università, alle responsabilità, agli esami. Sono stati bravi, semplici come si è a 18 anni, hanno messo passione nel loro racconto, cercando di coinvolgere anche la giovane e timida scolaresca.
Mi avvicino e li ringrazio. I fuori programma in un pomeriggio di pioggia sono sempre una bella sorpresa!
Nell’anno del bicentenario della morte di Antonio Canova, l'Ufficio Cultura della Ripartizione Cultura italiana celebra il genio indiscusso della scultura neoclassica con un'importante mostra presso il Centro Trevi di Bolzano. La mostra, curata da Roberto Pancheri e Michelangelo Lupo, resterà aperta al pubblico fino a domenica 27 novembre. Maggiori informazioni: https://bit.ly/3W31cUA
Ma chi era Antonio Canova? Antonio Canova nasce a Possagno, nel trevigiano nel 1757 e come i giovani dell’epoca si avvicina al mondo della scultura fin da bambino grazie al mestiere del nonno, che notando il suo talento lo avvia allo studio della scultura nella città di Venezia, dove oltre ad aprire il suo laboratorio riceve le prime importanti commissioni. Solo nel 1779 grazie ad un viaggio a Roma e agli scavi di Ercolano e Pompei rimane colpito dall’arte scultorea dell’epoca neoclassica che influenzerà per sempre le sue opere. Solo due anni dopo di trasferisce definitivamente a Roma, dove realizzerà le sue opere più famose, tra cui Amore e Psiche giacente nel 1793. Con l’arrivo dei francesi a Roma, Canova torna nella sua città natale dedicandosi alla pittura e visitando il nord Europa, in particolare Vienna. Grazie al ruolo di Ambasciatore a Parigi, incarico datogli da Papa Pio VII, Canova venne inviato a Parigi con il compito di raccogliere e riportare in patria le opere che erano state trafugate durante le campagne napoleoniche. Morì a Venezia nell’ottobre del 1822.