Cinema

Cinema (14)

Ma in fondo vorremmo davvero che Barbie Land fosse reale?

Personalmente non ricordo esattamente quando e chi mi regalò la mia prima Barbie. Ricordo che quando smisi di giocarci stavo per andare alle medie, ne avevo negli anni ricevute e comprate diverse e avevo una grande (o almeno ai miei occhi da bambina sembrava così) pentagonale scatola verde chiaro decorata con dei fiorellini piena di vestiti e scarpe, sicuramente organizzata da mia madre affinché fosse tutto in ordine e nulla andasse perso.

Non c’è mai stato l’effetto “transfer” tra me e Barbie: il sogno di essere un giorno come lei, perfetta, in forma, ben vestita, di successo e ben voluta da tutti; però amavo giocarci e sì anche io avevo Barbie Stramba tra le mie tante Barbie, diventata così dopo averle tagliato i capelli molto corti…chissà poi perché e quando lo avrò fatto…

Anche io come molte della mia generazione (ma non solo!) la scorsa settimana sono andata al cinema curiosa di vedere il tanto discusso film di Barbie. Ho trovato le scene iniziali, narrate da una voce fuori campo, geniali, capaci di riportare subito ogni spettatrice femminile in quel mondo rosa ideale se ripenso a come io e le mie amichette di allora giocavamo con Barbie nelle nostre camerette o in terrazzo nei pomeriggi estivi: Barbie che si muove volando da casa all’auto, il cambio d’abito, la tanto voluta e mai ricevuta CASA di BARBIE, gli accessori casalinghi e beauty di uso quotidiano, i piedi sempre sulle punte…

A me il film di Barbie è piaciuto e se mia figlia fosse stata più grande l’avrei portata con me, perché una società alla pari, di uomini e donne che si realizzano e sognano di realizzare i loro desideri e di essere ciò che vorrebbero senza oscurare l’altro è in fondo ciò che vorrei per lei e la sua generazione. Certo, il mondo reale e Barbie Land sembrano essere due realtà rovesciate: in Barbie Land “quello che gli uomini fanno nel mondo reale, sono le donne a farlo”: rivestono ruoli di potere e comando, mentre Ken come si afferma nel film “non desta preoccupazioni ed esiste solo se Barbie lo guarda”. Le Barbie, infatti, hanno costruito un perfetto matriarcato (senza matrimonio e figli) fatto di feste, appuntamenti sulla spiaggia, divertimenti, sorellanza in cui le donne detengono l’intero potere.

Invece, quando Barbie arriva nel mondo reale resta scioccata da una realtà che per noi in carne e ossa è fin troppo vera: naturalmente bellissima Barbie diventa subito oggetto di commenti sessisti da parte degli uomini, anche poliziotti, tanto da dire a Ken “sono imbarazzata da me stessa (…) gli uomini mi guardano come fossi un oggetto”. Nel frattempo, Ken scopre gli effetti del patriarcato, dove gli uomini comandano, decidono, gestiscono, vincono, dove fanno credere di tenere e battersi per la presenza delle donne, ma solo per “nascondere bene il patriarcato” e non essere accusati di non essere attenti al gender balance; e così Ken porta il patriarcato a Barbie Land pensando di cambiare per sempre il ruolo dei Ken.

La scena che forse ho preferito di più dell’intero film è stato il monologo di America Ferrera, che risuona come le parole di una amica che ti strattonano e sono pronte e svegliarti dalla tua autocommiserazione – infatti in quel momento pure Barbie è in preda all’ansia (!) e con crisi di autostima – e che ho trovato così semplice e vero che non mi stupisco che sul web siano diventato virale.

La morale per me, e qui l’insegnamento che vorrei ne traessero i più giovani, soprattutto maschietti, è che come sempre non c’è un migliore e un peggiore, che non ci sono questioni o ruoli da uomini e questioni e ruoli da donne, “che il tutto non esiste per elevare la presenza degli uomini”; perché in fondo è solo questione di impegno, di crederci e di rispetto dell’altro/a.

E voi siete stati a vedere Barbie al cinema?!

Scomparsa Monica Vitti

Scompare a 90 anni Monica Vitti, grandissima interprete: romana de Roma, diplomata all'Accademia d'arte Drammatica diretta allora da Silvio D'Amico (anche grande storico del teatro), aveva iniziato a teatro alternando Shakespeare alle commedie, passando poi al cinema.

Scompare a 90 anni Sean Connery, grande attore e grande uomo!

A 90 anni compiuti è "andato via" Sean Connery o meglio Sir Thomas Sean Connery, interprete non solo (è bene ricordarlo) dei film di James Bond, dai romanzi di Ian Fleming, (anche se, certamente, per questi è rimasto memorabile poichè ha dato al personaggio caratteristiche che, dopo di lui, solo Roger Moore è riuscito non ad eguagliare (forse) ma almeno a rendere in modo adeguato, degno del modello (personalmente dirò sempre: "Il vero Bond è Connery").

Di umili origini, solidamente e orgogliosamente scozzese (ed è stata una mossa intelligente attribuirgli, da parte dell'United Kingsdom, Regno Unito, il titolo di "Sir"), Connery ha sempre ribadito questa sua origine celtica (il padre, scozzese, era di origini irlandesi) diversa da quella anglosassone degli Inglesi (aveva tatuato sul braccio destro la scritta"Scotland Forever", peraltro mai esibita nei film, fatta incidere quando svolgeva mestieri umili, prima di divenire attore).

Aveva recitato anche a teatro, in TV, in film ben diversi da quelli di Bond, come "Marnie" (1964) di un altro sir, Alfred Hitchcock, il più grande regista di tutti i tempi a giudizio di quasi tutti gli storici del cinema, "The Hill" (La collina del disonore) di Sidney Lumet (1965), "The Man Who Would Be King" (L'uomo che volle farsi re), 1975 di John Huston da un bellissimo racconto di Kipling, "Il nome della rosa" di Jean-Jacques Annaud dal thriller medievale di Umberto Eco, "The Untouchables" (Gli intoccabili) di Brian de Palma (1987). Grandi registi, come si vede dai pochi titoli qui citati.

Personaggio gentile, umano, vegano convinto ma anche impegnato per la difesa del creato nel suo insieme (fauna e flora, ambiente), Connery rimane giustamente molto di più di un semplice "idolo"dei mass-media.

Eugen Galasso

Con Flavio Bucci scompare un attore di grande levatura

Attore abbastanza "maudit", certamente bravo, scompare prematuramente (ormai si può dire: non aveva ancora 73 anni) Flavio Bucci, che in tanti anni aveva recitato in varie pièces teatrali importanti, in particolare su testi di Pirandello, con la regia di Marco Missiroli, che il grande pubblico aveva apprezzato in televisione in produzioni originali TV come il famoso "Ligabue" del 1977, come anche "La Piovra" e vari altri telefilm.

Le sue capacità di attore lo hanno anche portato a lavorare nel cinema diretto da registi importanti, come Montaldo, Petri, Dario Argento. Tra le sue interpretazioni migliori "Maledetti vi amerò" (1980) con la regia di Marco Tullio Giordana.

Attore intenso e aduso alla "follia" anche nello spettacolo, di Bucci rimarrà un vulnus aperto per la perdita di un interprete "raro" e atipico come lui.

Eugen Galasso

L'anti-divo Carlo delle Piane è scomparso

Scompare a 83 anni Carlo Delle Piane, attore romano dal fisico particolare, che esordì già dodicenne in "Cuore" di Duilio Coletti, recitando poi con registi come Leonide Moguy, Fabrizi (due volte, in "La famiglia Passaguai" nel 1951 e poi l'anno dopo in "La Famiglia Passaguai fa fortuna"), Steno, Monicelli, De Sica, Corbucci, Vadim, Gassman, Polansky ("What?"-."Che?).

Peter Fonda, icona di un epoca e di un costume, è scomparso

Peter Fonda, un'icona. Ha studiato recitazione, è figlio di Henry Fonda, fratello di Jane, padre di Bridget, ha recitato in tanti film (tra gli altri in "The Trip"-Il serpente di fuoco, 1967), da giovanissimo è salito sul palcoscenico in teatro in commedie come "Harvey", e poi ancora ha recitato in serie TV come anche nella produzione italiana "Gli indifferenti" dal romanzo di Alberto Moravia, diretta da Mauro Bolognini (1988).

Continueremo a ridere con Jerry Lewis, che ci ha lasciato a 91 anni.

Gerald Levitch, alias Jerry Lewis, se n'è andato a 91 anni. Attore comico formidabile e altrettanto eccelso come regista (diresse moltissimi dei suoi film), scrittore.

La sua formazione scolastica era stata breve perché, da sempre saldamente legato alle proprie radici ebraiche, aveva picchiato un insegnante antisemita, venendo espulso dalla scuola. Il suo ebraismo sarà sempre dichiarato ed esplicito, tanto che nel suo "Jerry Lewis Show" in TV "provocava" i fondamentalisti cristiani ribadendo le sue radici.

Attore (e sceneggiatore, anche se non riportato come tale nei titoli di testa e di coda dei film) di tanti film con Dean Martin, il cantante-attore italo-americano, lascerà all'attore "bello" e alto (appunto Dino Crocetti, alias Dean Martin) la parte del "magnifico", dell'attore-seduttore, del cantante "serio", romantico, Lewis sarà il "fool", lo Zanni in film come "My friend Irma" (La mia amica Irma, 1949), "Sailor Beware" (Attente ai marinai!, 1952), "Artists and Models" (Artisti e modelle, 1955). Poi sarà regista in proprio, da "The Bellboy " (Il ragazzo tuttofare, 1960) in poi, con film memorabili come "The Nutty Professor" (Le folli notti del dottor Jerryll, 1962), "The Patsy" (Jerry 8 e 1/2, 1964) e tanti altri, continuando anche la carriera da attore in film di altri grandi (Stanley Kramer, Robert de Niro etc.).

Jerry Lewis è il clown poetico ma anche birichino, e ingenuo quanto fondamentalmente "buono", lo "scoordinato", l'altra faccia, con la sua mimica e gestualità debordanti, rispetto all'ebraismo intellettuale e logocentrico di Woody Allen. Autore, regista, mimo e clown (nel senso più alto del termine), Lewis rimarrà sempre tra noi nei suoi film, ricordandoci l'iter totale dell'"Ebreo errante", il suo essere dislocato, sempre alla ricerca del "promised land", schivando tanti, terribili Golem...

Insieme a Charlie Chaplin, che da britannico ariano voleva essere Ebreo senza riuscirvi, Lewis è da molto tempo tra i grandi, monito eterno a chi non sa che cosa siano pogrom e lager; il tutto, sempre, facendoci ridere , sorridere, piangere, sognare.

Eugen Galasso

Ciao Gene Wilder, ci hai fatto passare dei bei momenti sereni!

Scompare a 83 anni, con Gene Wilder, dopo la scomparsa di Marty Feldman (1934-1982), un esponente, più che della "Mel Brooks factory", di cui certo anche Wilder fece parte, un vero grande esponente del witz ebraico-americano, di quello humor yiddish che, trapiantato dall'Europa orientale negli States, non aveva perso nulla.

Scomparso Marshall, regista di "Happy days" e di "Pretty Woman"

Gary Marshall, scomparso a 81 anni, non sarà stato uno Stanley Kubrik, un Alfred Hitchcock, un Orson Welles (geni del cinema e, per Welles, anche del teatro), ma è certamente un creatore di gran livello di TV, cinema e dunque di "sogni". E' l'autore-ideatore di "Happy Days", il telefim che ci ha accompagnato per anni e anni, nato nella prima metà degli anni Settanta (the rolling Seventies), una sorta di "come eravamo". Chi di noi non sa chi era "Fonzie", interpretato da Henry Winkler, allora giovane attore protagonista, ora quasi attempato regista (e, talora, ancora anche attore).

Marshall, figlio del Bronx, nasce da un papà italo-americano (il cognome originario era Masciarelli) e da madre anglo-americana. Per la TV, oltre alla notissima "Happy Days", realizza anche "The Odd Couple" (La strana coppia), adattato da Marshall partendo dalla straordinaria (e cattivissima) commedia di Neil Simon - geniaccio americano di origini ebraiche - della quale erano protagonisti Tony Randall e Jack Klugman. E ancora, per restare alle sue realizzazioni che sono rimaste più nella memoria, "Mork & Mindy", dove c'è il compianto Robin Williams nel ruolo di un bizzarro alieno, una sorta di sit-comedy in qualche modo irripetibile e geniale.

Per quanto riguardo i lavori cinematografici, di Marshall ricordiamo vari film, mai banali, negli anni 1980, come "Flamingo Kid" (1984), ma certamente noto a tutti è "Pretty Woman" (1990) con una straordinaria Julia Roberts e un non meno efficace Richard Gere. Ma a noi rimane anche l'ultimo film dell'autore, "Mother's Day" (giornata della mamma), ancora una volta con Julia Roberts, ora "mamma" in ogni senso e Kate Hudson...

Eugen Galasso

Michael Cimino, regista di grandi film, è scomparso

Il regista e autore cinematografico newyorkese di origini italiane Michael Cimino è morto a 77 anni: ricordiamo i suoi film migliori, "The Deer Hunter" (Il cacciatore, 1978), "Heaven's Gate" (i cancelli del cielo, 1980) e "Desparate Hours" (Ore disperate, 1990). E' stato autore controverso, "difficile", favorendo molte interpretazioni diverse del suo cinema, con vari fraintendimenti, come è successo in particolare per "Il Cacciatore", che qualche critico aveva lettore come esempio tipico dell'imperialismo USA e della superiorità della razza bianca, quando invece esso non ha affatto un "messaggio", tantomeno di questo tipo, ma rimane un esempio di cinema "alto", caratteristico di una ricerca culturale-artistica polisemica per eccellenza, che favorisce tante letture diverse, proprio perché intimamente problematica.

Già sceneggiatore, Cimino, laureato in arti visive, era passato alla regia nel 1974 con "Thunderbolt and Lightfoot" (Una calibro 20 per lo specialista), film di grande perizia anche tecnica, con un grande interprete come Clint Eastwood.

Eugen Galasso

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