Scompare Paolo Villaggio, protagonista inquieto e dirompente del panorama culturale italiano

Paolo Villaggio scompare a 84 anni compiuti a fine dicembre 2016. Un personaggio dirompente, Villaggio, inquieto oltre le aspettative. Molto dinamico, polemico e non poco, impegnato anche politicamente, invero in modo un po' "oscillante" (era stato, in tempi diversi, comunista, radicale, "grillino", sempre implacabile critico del clericocattolicesimo made in Italy).

Scrive i testi di due canzoni chiave della produzione dell'amico cantautore genovese Fabrizio de Andrè (e Villaggio talora parlava con spiccato accento genovese anche in TV e nei film, pur parlando un italiano perfetto, da persona in possesso della maturità classica di altri tempi) come "Il fannullone" (manifesto libertario, "non mi rassegno a portar le catene") e "Carlo Martello di ritorno dalla battaglia di Poitiers", dove un incontro "prezzolato" con una donna si risolve in un contrasto sul prezzo, appunto, della prestazione...

In TV alla fine anni Sessanta "sbaracca" nella trasmissione di domenica pomeriggio ("Quelli della domenica", su Rai 1, rete iper-tradizionale) offendendo anziane signori e proponendo il personaggio del palesemente nazista del "Dottor Krantz" e del timidissimo Fracchia, che poi divenne icona anche filmica. A teatro (con il cabaret) lavora al personaggio di Fantozzi, rag. Ugo, altra icona letteraria e cinematografica. I libri dedicati a Fantozzi sono piccoli capolavori letterari, tanto che Evtuschenko, grande (comunque importante, al di là di varie controversie) poeta russo, lo indicherà come grande scrittore italiano, scandalizzando non poco l'intellighentsia made in Italy (Moravia si adombrò, a quanto risulta).

Parlando di "Fantozzi" e di "Il secondo tragico libro di Fantozzi" il mio compianto amico Heinz Mur mi invitò a leggerli, regalandomeli; mi convinsi che erano scritti benissimo come anche implacabili rappresentazioni satiriche e grottesche del mondo impiegatizio ma anche, più in genere, di una società in sfacelo, magari rappresentazioni non troppo in linea con le "magnifiche sorti e progressive" del mio amico Mur, forse troppo impegnato a idealizzare il suo PCI, allora esistente e forte.

 

(In effetti, i due personaggi di Fracchia e Fantozzi, che rappresentano molto bene l'italiano medio nei suoi comportamenti e nelle sue aspirazioni, finiscono per avere un ruolo educativo negativo, mostrando le cattive attitudini senza indicare nessun percorso di miglioramento. In questo senso hanno contribuito a distruggere senza aiutare a sensibilizzare in favore di un cambiamento. (n.d.d.))

In questo senso, il poeta russo citato, non certo uno sprovveduto, aveva colto nel segno pienamente. Al cinema, oltre che con l'amico Luciano Salce, Villaggio lavorò con il grande Vittorio Gassman, regista e co-interprete di "Senza famiglia, nullatenenti cercano affetto"(1972), ma anche prima in "Brancaleone alle crociate" di Mario Monicelli (1970), con Pupi Avati in un film minore, con Marco Ferreri in "Non toccare la donna bianca" (1974), con Federico Fellini in "La voce della luna" (1989), in "Il segreto del bosco vecchio" (1993) di Ermanno Olmi dal romanzo di Dino Buzzati.

Interprete e scrittore vero, Paolo Villaggio, comico, drammatico, capace di ogni nuance nella scrittura come nella recitazione e questo a onta di critici troppo facilmente contrari, anche perché "spinti" da alcune dichiarazioni isolate e decontestualizzate di un altro grande dello spettacolo (da ricordare anche il Villaggio interprete e autore teatrale), Nino Manfredi.

Eugen Galasso

 

Immagine tratta da Il Corriere TV - Corriere della Sera - 13 aprile 2017

Last modified onGiovedì, 28 Marzo 2019 21:42