Quando da bambina mi chiedevano cosa avrei voluto fare da grande la mia risposta non è mai stata la parrucchiera o la maestra bensì l’archeologa. Chissà poi perché una bambina di cinque anni rispondeva così, eppure sono sempre rimasta affascinata da quei mondi lontani, ricchi di mistero, grandezza, modernità e crudeltà. Ricordo che la sera, prima di addormentarmi chiedevo a mio padre di leggere qualcosa per me, ma non la solita fiaba dei fratelli Grimm, io desideravo addormentarmi sentendomi raccontare degli antichi egizi, dei grandi Faraoni, del mistero delle piramidi. Crescendo, l’interesse e la magia di scoprire e studiare il mondo antico non mi hanno abbandonato di certo, anzi, ma quando dovetti scegliere cosa fare dopo il liceo, ebbi paura di intraprendere uno studio sì appassionato, ma (forse) con scarse certezze per il mio futuro lavorativo.
Martedì 4 dicembre, però, seduta sulla poltroncina dell’Auditorium di EURAC a Bolzano, ho pensato che forse quella passione avrei fatto bene a seguirla e che lo spazio per gli archeologi e gli studiosi in realtà esiste, soprattutto per quegli appassionati, e questo ascoltando la presentazione dell’attuale Direttore del Museo Egizio di Torino, Christian Greco, egittologo italiano classe 1975.
In poco più di un’ora, Greco ha portato me e i tanti partecipanti in sala nel suo mondo, nel mondo del Museo egizio di Torino, della ricerca, della scoperta scientifica, e ci ha fatto riflettere sul ruolo che gli spazi museali ricoprono ai giorni nostri. Non solo archivio ed esposizione di reperti e opere antiche, bensì luogo di partecipazione, ricerca, formazione culturale aperta a tutti, e luoghi di formazione universitaria. Spazi e strutture capaci di dialogare e connettersi alla città e ai suoi cittadini, stranieri e nuovi abitanti inclusi.
Naturalmente non sono mancati i numeri e dati nella presentazione di Greco. Il Museo Egizio di Torino, è il più antico museo della storia egizia, e il secondo museo al mondo, dopo quello dei Cairo, che ho avuto la fortuna di visitare, per numero di reperti. Torino custodisce più di 40 mila reperti e di questi 270 sono mummie tra umane ed animali. L’esperienza accademica di Greco e la voglia di portare Torino e il Museo nel mondo, lo hanno spinto a collaborare con molti musei ed università straniere nell’ambito di diversi progetti internazionali. Ha esportato alcune collezioni in Canada, Russia e Cina, aumentando così il numero di visitatori del Museo anche al di furi dell’Italia.
Gli archeologi e i ricercatori del Museo Egizio di Torino sono presenti però anche sul campo, partecipando agli scavi a 40 km a sud del Cairo. Uno dei progetti che più mi ha emozionato è stato quello che Greco ha chiamato “dall’invisibile al visibile”. Grazie ad una strumentazione medica e a particolari programmi computerizzati è possibile oggi scoprire cosa si nasconde sotto le bende che ricoprono le mummie. E così ci appaiono amuleti, gioielli e ornamenti femminili. Gli stessi che da sempre ammiriamo scolpiti nella pietra o disegnati su i papiri. E anche questi ultimi raccontano infinite storie, a volte anche fin troppo intime e personali, come una lettera inviata al proprio amante in assenza del marito…
Grazie ad un altro progetto internazionale, infatti, i ricercatori del Museo Egizio hanno catalogato più di 26 mila frammenti di papiro. Il più grande archivio che sia mai stato conservato. Questi, minuziosamente catalogati, sono stati scansionati e condivisi con i partner di progetto, e con cura e pazienza, come in un puzzle, hanno ridato vita ad antichi documenti e lettere originali risalenti addirittura al 1350 a.C..
Un’altra grande emozione che Christian Greco ha voluto regalarmi è stata quella di “entrare” nella famosa tomba dell’architetto-capo Kha del faraone Amenhotep III (1543 – 1292 a. C.) e di sua moglie Merit. Ciò è stato possibile mettendo insieme i singoli fotogrammi realizzati all’inizio del ‘900 dall’egittologo Ernesto Schiapparelli e che oggi ci appaiono come un filmato. L’emozione è grande quando superato l’ultimo muro in pietra, appare questa piccola porta e si accede nella tomba rimasta perfettamente intatta e completa di tutto il corredo funerario. Sono rimasta a pensare all’emozione che possono aver provato nel 1906, Schiapparelli e i suoi collaboratori quando hanno aperto quella porta, trovandosi davanti ogni singolo oggetto, tunica, cibo, esattamente lì dove qualcuno lo aveva posto poco prima di chiudere la tomba.
Mentre fuori dalla sala dell'Eurac l’aria frizzante di dicembre abbracciava Bolzano, anche Christian Greco veniva abbracciato da un caloroso e lungo applauso che ha accompagnato la chiusura del suo intervento. Sono tornata a casa con la voglia di tornare a Torino, di organizzare una nuova visita dopo tanti anni al Museo Egizio, la cui visita da bambina era naturalmente nella lista dei miei desideri e che, prima del grande rinnovamento del 2015, ricordo di aver visto grande e polveroso. E camminando per la città quasi deserta mi sono chiesta chissà quale sarebbe stata la mia strada se nel 2005 avesse seguito il mio sogno di bambina.
Giulia Gaggia