LA SCUOLA ALLE PRESE CON LA DIDATTICA E LA VALUTAZIONE A DISTANZA

La scuola è costretta, oggi, a confrontarsi con una situazione eccezionale ed improvvisa. Già nei momenti di normalità le criticità erano numerose, ma ora tutto si acuisce dovendo affrontare modelli nuovi di didattica a distanza, non si sa quanto noti ed esperiti, fatta eccezione per l’Università, che complicano numerose ulteriori problematiche.

 

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In questo scenario abbiamo interpellato la dottoressa Laura Biancato (membro della Task Force del Ministero per l’emergenza Coronavirus - Dirigente scolastico dal 1996 dopo un anno di distacco al Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, attualmente dirige l'Istituto di Istruzione Superiore «Mario Rigoni Stern» di Asiago, formatrice e autrice sui temi dell'innovazione nella scuola, ha partecipato come consulente del MIUR alla stesura del Piano Nazionale Scuola Digitale) e con lei abbiamo affrontato due questioni: la didattica e la valutazione in tempi di e-learning.


Dottoressa Biancato, l’azione didattica in rete ha lo stesso valore di quella in presenza? E a quale tipo di didattica dobbiamo riferirci?

Dipende molto dalla situazione delle scuole, situazione che varia anche molto da scuola a scuola.
Gli ordini di scuola sono diversi e bisognerebbe parlarne in modo meno generale: siamo su due mondi diversi se parliamo di didattica a distanza per bambini più piccoli o per ragazzi più grandi, sono due argomenti completamente diversi. 

Tralasciando l’aspetto della didattica a distanza per i bambini più piccoli che sostanzialmente è, a mio avviso, di tipo affettivo emotivo e difficilmente può essere molto di più, sulla secondaria di primo e secondo grado, che è quella che preoccupa di più a livello di obiettivi e di contenuti da raggiungere, conta molto cosa hanno fatto e come hanno lavorato le scuole. Quelle che hanno lavorato bene, a mio avviso, non hanno fatto perdere molto agli studenti e sono riuscite a dare continuità alla didattica e a svolgere il programma previsto.

Naturalmente ciò vale per quelle scuole che hanno iniziato il lavoro a distanza fin dal primo giorno di sospensione e che, comunque, erano già da prima, pronte, assieme ai loro studenti, a lavorare in rete.
Invece chi si è trovato a partire un po’ da zero, dovendo, per esempio, approntare una piattaforma di e-learning durante l’emergenza, non può aver avuto i risultati descritti prima. Per questo credo che siamo di fronte a situazioni diverse scuola per scuola.

Dunque l’efficacia dell’azione didattica a distanza non è omogenea nel Paese.

Non c’è una risposta univoca. Dipende proprio da singolo Istituto, nemmeno dal territorio perché anche in medesimi territori ci sono scuole che si sono organizzate con modalità diverse.

Laddove ci si fosse organizzati già da prima dell’emergenza, in quelle scuole che hanno già vissuto una qualche esperienza di e-learning, il successo pedagogico risulta essere il medesimo di quello della lezione in presenza?

Successo pedagogico è un concetto un po’ forte, nel senso che si tratta certamente di due successi diversi, quello della didattica on line rispetto a quello in presenza. Però, certamente, organizzandosi bene, non si perde continuità.

In Italia non tutti gli studenti possono attingere alle risorse informatiche. Diversi sono i motivi: insufficienza e, in certi casi, assenza della rete, costi eccessivi per l’acquisto di un Tablet piuttosto che di un notebook o di un pc, ecc.
Scorrendo il rapporto Auditel Censis del 3 ottobre 2019 non si possono che condividere le conclusioni esposte dalla Ministra per l’Innovazione, Paola Pisano durante il suo intervento all’EY Capri Digital Summit: sono 10 milioni i cittadini italiani che nel 2019 non hanno ancora una connessione ad internet*.
Per questa ragione, non è in atto una sorta di sospensione della Carta Costituzionale al Titolo II, Rapporti etico-sociali, art. 34 dove si scrive testualmente: “La scuola è aperta a tutti (…) La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze (…)”? ( https://www.senato.it/documenti/repository/istituzione/costituzione.pdf )
(*fonte: https://tech.fanpage.it/10-milioni-di-italiani-non-hanno-ancora-una-connessione-ad-internet del 5 ottobre 2019 - Rapporto Auditel Censis: https://www.censis.it/sites/default/files/downloads/Secondo%20Rapporto%20Auditel%20Censis.pdf )

A tal riguardo non abbiamo dei dati proprio incontrovertibili. Possono anche essere sottodimensionati. Lavoro con tantissime scuole in tutta Italia anche attraverso INDIRE (Istituto Nazionale Documentazione Innovazione Ricerca Educativa - http://www.indire.it/home/chi-siamo).
A me risulta che, almeno nelle scuole del centro-nord la situazione sia accettabile, mentre, nelle scuole del sud, registriamo delle situazioni molto più deficitarie.
C’è, però, un problema ulteriore: bisognerebbe andare oltre il dato statistico nazionale per analizzare ogni singola situazione. Al centro-nord è raro che una famiglia non abbia alcun tipo di connessione che, come sappiamo, può avvenire anche solo tramite lo Smartphone.

Certo è vero, ed ha ragione lei, che non stiamo raggiungendo tutti, questo è sicuro.

Sui numeri e sui dati statistici bisogna però stare accorti. Io leggo numeri diversi: per esempio sono considerati nuclei famigliari anche quelli nei quali troviamo anziani che vivono da soli e che, probabilmente, non hanno connessioni attive, mentre nelle famiglie con figli piccoli è molto più probabile che una qualche connessione ci sia. In questo senso intendo segnalare che è necessario arrivare ad un maggiore dettaglio nella lettura dei dati che creano una statistica a livello generale.

Dal mio personale punto d’osservazione, ritengo che siano veramente poche le situazioni in cui non ci sia alcun collegamento alla rete. Certo noi dobbiamo puntare ad arrivare a tutti, quindi dovremo dotare di strumenti e connessioni tutti coloro che si trovassero in difficoltà ed è proprio quello che le scuole stanno cercando di fare in questo momento con i finanziamenti che sono arrivati a livello ministeriale.

La Provincia Autonoma di Trento, per esempio, ha assegnato alle scuole un contributo significativo per l’acquisto di strumenti da consegnare agli studenti. Quindi, per rispondere alla sua domanda, stiamo cercando di raggiungere ragionevolmente tutti; laddove ci siano ulteriori difficoltà, abbiamo a disposizione dei fondi per creare le connessioni assenti e per acquistare chiavette internet da fornire ai ragazzi che non hanno disponibilità.

Si sta facendo tutto il possibile; il diritto allo studio è un diritto fondamentale, ma non dobbiamo dimenticare che ci troviamo in una situazione anomala, quindi una certa differenza, rispetto alla condizione in presenza, certamente c’è.
Non dobbiamo dimenticare che, anche nella situazione normale, quando la scuola è aperta, abbiamo una dispersione scolastica significativa in alcune regioni del paese.

Ci sono insegnanti che ancora non riescono ad entrare in confidenza con le pratiche della didattica in rete e per questo sono davvero preoccupati: che consiglio si sente di dare loro?

Se si preoccupano è un buon segno, significa che si preoccupano per qualcosa che loro manca e ne sono consapevoli.
In questo momento direi che, se non è stata fatta formazione precedentemente, la devono fare assolutamente adesso perché siamo di fronte ad un’inevitabile e inderogabile necessità. Non ci sono alternative se vogliamo garantire il diritto allo studio che è nostro dovere e mission del nostro lavoro.

Le occasioni di formazione sono tantissime, anche gratuite; tutte le agenzie e gli enti di formazione stanno proponendo formazione gratuita e, personalmente, assisto con soddisfazione a webinar (tipi di collegamenti per la formazione) con 3 o 4 mila insegnanti che li seguono. Ne ho tenuto qualcuno anch’io e non ho mai visto così tanti docenti collegati.
Ciò significa che ci si sta preoccupando in maniera positiva trovando nella formazione in rete una soluzione e ciò è confortante. 

La valutazione è un altro problema; lo era già in tempi normali, si potrebbe dire che ogni insegnante ha la sua idea di valutazione e spesso è difficile arrivare a sintesi e ciò può creare, e crea, conflittualità. Ora che, in più, la lezione non è in presenza la questione diventa centrale.

Dottoressa Biancato, ammesso che sia lecita e non contravvenga il principio fondamentale della pedagogia, la valutazione a distanza di che tipo è? Sommativa? Formativa? Incoraggiante? Subordinativa? Certificativa? Individualizzata? Cooperativa? Dialogica? E come si determinerà la valutazione di fine anno scolastico?

In questo momento la valutazione non può essere unica.
Abbiamo un sistema che sta funzionando in maniera completamente diversa da quella in presenza e a distanza dobbiamo usare strumenti differenti per cercare di raggiungere tutti e per dare a tutti delle risposte eque.
La prima cosa da fare è considerare i feedback che diamo come elemento fondamentale della didattica a distanza e, prima ancora di parlare di valutazione, io parlerei di feedback: siccome non li abbiamo davanti a noi questi ragazzi, li vediamo pochissimo in video, è indispensabile che noi, a fronte di ciò che assegniamo loro in modo asincrono, compiti o altro, diamo un feedback attivo e partecipato, che non resti nulla di non considerato su quel che i ragazzi producono: ogni prodotto che ci arriva deve corrispondere ad un feedback che noi diamo loro. Questo è già un elemento di valutazione ed è importante perché crea una relazione più significativa con i ragazzi.

È insindacabile che in questo momento la valutazione dovrà essere più formativa che sommativa perché la valutazione sommativa, in questo momento, non ha adeguati strumenti di supporto perché dovrebbe essere fatta a distanza e c’è un mezzo che chiaramente interferisce su questo strumento di valutazione. Quindi se dobbiamo mettere sulla bilancia i due tipi di valutazione, sicuramente penderà dalla parte di una valutazione formativa.

In questo contesto, quali sono i criteri ai quali affidarsi per una valutazione formativa efficace?

Per una valutazione formativa vanno considerati degli elementi che a distanza diventano ancora più importanti: la partecipazione attiva dei ragazzi, il grado di feedback che ci riconsegnano durante le lezioni, quanto si aiutano a vicenda, quanto interagiscono tra di loro e come. Sono tutte questioni già importanti in presenza e che, a distanza, diventano cruciali.
Se poi mi chiede se alla fine i ragazzi dovranno essere valutati in modo strettamente sommativo, obiettivo e oggettivo, come al solito, la risposta è no perché siamo in una situazione completamente diversa; so che è una posizione condivisa da pochi, però chi si illude di poter fare a fine anno uno scrutinio normale sa benissimo che non avrà gli strumenti per raggiungere l’obiettivo. Il problema è serio, molto complicato e non c’è una risposta univoca; questo è il mio punto di vista per la scuola superiore dove la valutazione finale è più significativa che negli altri ordini.
L’esame di maturità sarà ridimensionato e, in questo momento, non può che essere così.

Le valutazioni delle altre classi negli altri livelli avranno un andamento relativo ai risultati della didattica a distanza, dovranno soprattutto misurare quello che è stato composto in termini di curricolo, che è sicuramente in parte ridimensionato, con quello che è stata la partecipazione dello studente.
La valutazione sarà comunque fatta perché non può passare il messaggio che ciò non accadrà. Verrà fatto uno scrutinio, verranno dati dei voti e verrà fatta una valutazione, però dovremo utilizzare dei criteri completamente diversi rispetto l’usuale.
Ci sono dei ragazzi che, pur avendo connessione e strumenti, sono letteralmente spariti dalla rete, non restituiscono feedback, non partecipano. Per costoro ci assumeremo la responsabilità anche di far ripetere l’anno, così come, d’altro canto, verificheremo le situazioni di criticità vera.

A che punto è il Piano Nazionale Scuola Digitale, partito nel 2015 e che doveva svilupparsi nell’arco temporale 2015-2020, se oggi, 2020, siamo in una situazione ancora così non uniforme nel Paese? ( https://www.istruzione.it/scuola_digitale/allegati/Materiali/pnsd-layout-30.10-WEB.pdf )

Il PNSD è sicuramente il miglior progetto di innovazione della scuola italiana uscito dal Ministero dell’istruzione. Purtroppo, la sua realizzazione non ha corrisposto alle aspettative. Finanziamenti elevatissimi sono dovuti passare, come sempre, attraverso le infinite pieghe della burocrazia e spesso si sono arenati. Inoltre, alcune azioni prioritarie, come ad esempio il BYOD (device individuali per gli studenti) o la definizione di un quadro delle competenze digitali che orientasse i curricoli delle scuole, sono rimasti al palo. Sulla formazione, il PNSD non ha inciso in forma estesa e coerente: tante azioni, ma molte in ordine sparso…
Tant’è che la scuola italiana si è fatta trovare impreparata dall’emergenza.

Franco Boscolo

Last modified onMartedì, 28 Aprile 2020 13:15