Rinuncia al Presepe: è un atto di rispetto delle altre culture o di rinuncia alla propria?

La volontà di taluni direttori di istituti scolastici e accademici, ma anche di vari negozianti, di "togliere" il presepe dalle rispettive istituzioni o dai negozi non costituisce una forma di rispetto delle altre culture, religiose e non, ma semplicemente la rinuncia alla propria cultura, cioè una volontà semplicemente suicida, foriera di effetti quasi certamente negativi.

Lo si è visto in tutte le realtà francesi, italiane, di altre nazioni, che hanno voluto ricorrere a tali metodi. Per motivi, non si sa bene, legati alla volontà di intercettare altre sensibilità o solamente per entrare in altri mercati.

Eugen Galasso

A Bergamo il V Congresso Nazionale della Federazione Italiana Mathesis

Concluso il V Congresso Nazionale della Federazione Italiana Mathesis: “Matematica 2023. Storie e narrazioni per la formazione e la didattica” svoltosi in due fasi, dal giorno 1 al 3 dicembre a Bergamo e dal 13 al 15 dicembre 2023 a distanza. 

Federazione Italiana Mathesis (federazionemathesis.it)

Immagine nuova Congresso FIM bis bis bis

Più di trenta i relatori che hanno presentato le loro relazioni: da Giorgio Bolondi a Rosetta Zan, Gabriele Lolli, Gemma Gallino, Carlo Toffalori, Luigi Tomasi, Paolo Zellini, Paolo Maroscia, Pierpaolo Antonello, Antonio Criscuolo. Davvero impossibile citarli tutti e, per questo motivo, rimandiamo per il dettaglio al seguente link: Relatori e Comitati – Federazione Italiana Mathesis (federazionemathesis.it) Relatori e Comitati – Federazione Italiana Mathesis (federazionemathesis.it)

L’iniziativa ha destato un larghissimo interesse da parte degli interessati, probabilmente a causa del particolare taglio del congresso che ha affrontato dettagliatamente e con argomenti inaspettati ed inusuali le peculiarità didattiche e pedagogiche dell’utilizzo della storia, delle narrazioni, dello storytelling applicati ad una disciplina come la Matematica per la quale parrebbero poco significative: non è così, tutt’altro: storie e narrazioni sembrano generare grande curiosità e motivazione utili per affrontare la Matematica con rinnovato stupore e slancio. Ne abbiamo parlato con il prof. Carlo Toffalori, presidente di Federazione Italiana Mathesis.

Professor Toffalori, inutile dire che ancora oggi nominare la Matematica “mette in allarme”; davvero l’approccio proposto al congresso, nelle sue innumerevoli sfaccettature – compreso lo storytelling - può essere utile?

Oltre a preservare questa coscienza storica, è importante rinnovare costantemente le forme di comunicazione e di insegnamento della matematica, adeguandole ai tempi. Oggi l'informatica in particolare fornisce nuovi strumenti e suggerisce nuovi metodi per raggiungere e coinvolgere l'ascoltatore.
Su internet anche le curve geometriche più astruse si disegnano in modo affascinante: Geogebra e altri software aiutano a comprendere i segreti dell'analisi matematica e non solo.
A questo si aggiungono film, esperienze teatrali, fumetti, festival, musei intesi come interazione dinamica col visitatore. In verità questa attenzione a porgere in modo appropriato e incisivo la scienza e in particolare la matematica risale a tempi antichissimi, per esempio Platone ne parla diffusamente in vari suoi dialoghi. In tempi moderni, Italo Calvino, uno scrittore molto amato anche dai matematici, ha saputo trasmettere nelle sue opere tanti spunti scientifici e anche matematici in modo profondo e non banale. Per questo ci è sembrato importante dedicargli una sessione speciale del congresso, che racconta appunto questo suo impegno di "comunicatore".

Dunque, usare la storia e la narrazione nella Matematica nella pratica didattica può essere utile.

Credo che nella didattica di ogni scienza, e non solo della matematica, serva un inquadramento storico. Le grandi idee si sono sviluppate nella storia e nel progresso collettivo, magari tramite l’impulso di alcune menti geniali. Dare coscienza di questa loro genesi le valorizza e le vivifica, dunque ne favorisce e chiarisce l’insegnamento. Questo vale a maggior ragione per la matematica, che è la più astratta delle scienze.

La matematica spesso è vissuta dagli studenti come una disciplina utile solo a saper fare calcoli o che costringe ad imparare a memoria formule, definizioni e teoremi da dimostrare; un pregiudizio nei confronti della disciplina che diventa un potente ostacolo per l’insegnante: veicolarla attraverso un approccio storico/narrativo potrebbe aiutare a superarlo?

Come dicevo, sì. Gli stessi numeri non sono soltanto strumenti di calcolo, ma concetti che sono sorti insieme al genere umano e sin dall’antichità si sono associati alle lettere alfabetiche e al linguaggio.

Sarebbe possibile, grazie all’evoluzione storica della matematica, segnalare che si è sviluppata nel tempo, che ha un suo spazio fisico-geografico dove è cresciuta, che si è diffusa grazie alla contaminazione tra persone e saperi diversi, che anche il contesto culturale e sociale ne determina l’evoluzione? Che la Matematica è fatta sia da donne e uomini “come noi” sia da protagonisti particolarmente talentuosi come accade in ogni ambito della conoscenza?

Certamente sì. La matematica che ci è più familiare è quella degli antichi greci, che verosimilmente l’hanno concepita e sviluppata come scienza. Ma ci sono contributi di indiani, cinesi, arabi che derivano da approcci in qualche modo diversi da quello greco. Per esempio, i greci non amarono quella che oggi chiamiamo algebra, preferendo geometria e aritmetica. Ma gli assiri-babilonesi, e più tardi gli arabi, ebbero un gusto algebrico molto più sviluppato.
Allo stesso modo è importante rendersi conto che la matematica, così come ogni scienza, deriva dalla riflessione di donne e uomini: magari di persone di gran talento, pur tuttavia partecipi della nostra dimensione umana, dei problemi della loro epoca, eccetera.

Un ostacolo psicologico, specie in età adolescenziale, sta nel proporre una Matematica che impone e quasi “rivela” verità assolute ed immutabili! L’approccio storico può aiutare e sconfiggere questo ennesimo pregiudizio?

Non credo sia un male, dal punto di vista della scienza, fissare verità e capisaldi. Ma la matematica, come ogni scienza, è dinamica per natura. Scriveva Hilbert che una scienza incapace di porsi nuovi problemi e nuovi orizzonti, dunque cristallizzata, è ormai morta. Anche la matematica continua a rinnovarsi, a raffinare e approfondire le sue teorie. Una coscienza storica di questa sua evoluzione è fondamentale.

Gli insegnanti che hanno inserito nella loro didattica uno sguardo storico sulla Matematica, segnalano un evidente incremento sia della curiosità sia della motivazione; come mai avviene questo?

Penso si possa motivare facilmente sulla base di quanto ho cercato di dire in precedenza. Come pure è importante rinnovare gli strumenti di spiegazione e aprirsi a quelle forme di comunicazione didattica che i tempi nuovi ci mettono a disposizione.

È opinione di alcuni docenti che non vi sia il tempo materiale per inserire ulteriori visioni se non quella che prevede l’approccio tradizionale alla disciplina; ma non varrebbe la pena che il percorso didattico della Matematica si svolgesse interamente in uno sfondo prettamente storico senza nulla togliere a ciò che prevedono le Indicazioni Nazionali?

Io credo che l’insegnamento della matematica debba aprirsi non solo alle forme moderne di comunicazione, ma soprattutto alla prospettiva storica e, in questa ottica, ai contenuti della matematica del Novecento e dei primi decenni del 2000. Al momento questo avviene solo parzialmente, per esempio su calcolo delle probabilità e statistica. Ma, per esempio, la fisica è stata capace di aprire i programmi di insegnamento a queste novità. Magari si può obiettare che in questo modo l’apprendimento si ferma solo alla superficie e non va a fondo. Il rischio è di sapere niente di tutto. Però credo che il pericolo opposto, cioè chiudersi alla novità e limitarsi alla trasmissione del sapere tradizionale, sia ben più grave. Qui lo sforzo dovrebbe essere di chi dirige e coordina la scuola, e anche della comunità matematica nel suo complesso. Però questa coscienza andrebbe condivisa da tutti i docenti e gli amanti della matematica.

Che consiglio dare a quegli insegnanti che volessero cimentarsi con questa pratica didattica?

Di non aver paura di sperimentare, magari approfittando di quelle occasioni che oggi si presentano, come PLS, licei matematici eccetera. In questo modo possono collegarsi ad altri colleghi e docenti universitari sensibili alla problematica e rinnovare insieme le conoscenze. Consiglierei anche di amare la matematica e di non scoraggiarsi. Questo nell’attesa di una riforma che chissà quando verrà. Un altro punto fondamentale è la formazione dei docenti, il loro costante aggiornamento. In tutto questo, grazie a quelle iniziative parziali che ho ricordato, si può cercare di andare oltre al semplice “fai da te”, che, lasciato a se stesso, è benemerito ma rischia di inaridirsi.

Franco Boscolo

Plurilinguismo e patrimonio architettonico europeo: le risorse del progetto SEAH

Presentato lo scorso 29 settembre durante il seminario presso il Dipartimento di Lingue, Letterature e Culture Moderne di Pescara il progetto SEAH - Sharing European Architectural Heritage

La politica culturale e linguistica dell’Unione europea favorisce da diversi anni ormai i programmi di scambio e progetti scientifici dedicati a studenti e ricercatori “all’interno di uno Spazio europeo dell’istruzione superiore multilingue e multiculturale” (per esempio il Progetto Erasmus). 

Nel tempo si sono manifestate alcune criticità, in ambiti specifici, tra le quali emerge la scarsa padronanza dei linguaggi accademico-disciplinari: ciò può rappresentare un serio problema sia per la stessa mobilità studentesca, sia per l’acquisizione di conoscenze teoriche, tecniche e professionali, obiettivi specifici dei progetti.

Uno degli ambiti nel quale maggiormente si manifesta la problematica è quello dei percorsi formativi in Architettura e in Costruzioni.

Sempre più analfabeti?

Il 28%, quasi un terzo!, della popolazione italiana tra i 16 e i 65 anni è analfabeta funzionale.

Krampus e San Nicolò. Tradizione si, ma basta con con il malcostume di picchiare

Lassù in Suedtirol/Alto Adige si avvicinano date non festive ma di "festa sostanziale", con il Krampus il 5 e il Nikolaus (San Nicolò o san Niccolò) il 6 dicembre. Chi scrive ha sempre immaginato che fossero sostanzialmente due amici, ossia il Krampus come un diavoletto innocuo, capace di giocare con San Nicolò, di litigare magari un pochino come fanno Don Camillo e Peppone nei romanzi e racconti di Guareschi.

Buon Ferragosto!

Perché ci si augura "Buon Ferragosto"? Si tratta di un'antica festa romana (Feriae Augusti, ossia ferie dell'imperatore, dato che "Augustus" è il nome archetipico di ogni imperatore) che si estese ad ogni civis romanus.

Ma anche nella tradizione nordica e celtica c'è una festa per questo periodo centrale dell'estate: "A Midsummer Night's Dream" (Sogno di una notte di mezza estate), che tutti conosciamo grazie all'omonima commedia scritta da Shakespeare a fine 1500, e che ha origine in tradizioni molto più antiche, legate a culti astrali (sole e luna, ovviamente) fortemente radicati.

Per il mondo cattolico, che ha ereditato molte delle feste che erano in uso nel mondo romano, dando loro nuovi significati, il Ferragosto è la festa dell'Assunzione della Vergine Maria.

In un modo o nell'altro, quindi, questa giornata si distingue e merita di essere passata bene. Allora, Buon Ferragosto a tutti!

Eugen Galasso

Istituto di Alta Formazione Musicale, Conservatorio “Claudio Monteverdi” di Bolzano: le criticità dello studio in modalità DaD della musica, di uno strumento e del canto

Le complessità nella didattica che la scuola italiana sta affrontando in questo periodo si amplificano, probabilmente, se ci riferiamo all’insegnamento della musica, dei diversi strumenti e del canto.

Se, da una parte, per quanto riguarda la teoria della conoscenza degli elementi musicali, della storia e della musicologia in generale ecc., ci si potrebbe appoggiare alla didattica a distanza, risulta difficile pensare come ciò possa avvenire nel caso specifico dell'insegnamento di uno strumento così come per il canto o per le caratteristiche del suono ecc. E' naturale pensare che questo insegnamento possa essere impartito unicamente in presenza.

Ne abbiamo parlato con il Direttore del Conservatorio di Bolzano “Claudio Monteverdi”, Giacomo Fornari (http://cons.bz.it/IT/institute/Pages/default.aspx ).

Direttore Fornari, qual è l’approccio alla didattica nell’ambito musicale in un momento così complicato?

index2I nostri ragazzi, in generale, si sono abituati a rendere tutto televisivo. Le modalità della didattica a distanza rappresentano certamente un’opportunità, uno degli strumenti a disposizione degli insegnanti e, forse, in questo momento, uno degli strumenti più importanti; inoltre può ridurre gli spostamenti e questo è interessante anche dal punto ambientare se vogliamo, ma non può essere la panacea e, certamente, poiché la scuola si fa insieme, in classe, costruendo un relazione fra persone, è auspicabile il ritorno ad una fase più equilibrata nel rapporto con la didattica a distanza. La didattica in rete da sola non è sufficiente e non è auspicabile e rimane, semmai, un fatto emergenziale.
Venendo alle criticità che lei mi paventava, le posso dire che anche nel nostro ambito si può agire in qualche modo.
Si parla di macrosistemi; si può analizzare un piano, si può analizzare un forte, ma è difficile andare nel dettaglio di quanto piano e quanto forte. Lavoriamo su programmi elettronici che sintetizzano il suono e, purtroppo, lo comprimono molto. Ci vuole uno sforzo di fantasia. Si lavora in un modo un po' grossier, ma meglio lavorare in un modo un po' grossier che non lavorare affatto.
Sul violino potremo sentire almeno qualche intonazione di qualche passaggio; si può sentire anche la pulizia di qualche passaggio sul pianoforte, però, indubbiamente, il lavoro che si può fare dal vivo, quando il professore mette le mani sulla tastiera o le mani sul violino, non si può fare. Quindi, per questi motivi, è una didattica che si occupa solo dei macro sistemi, non sostitutiva, ma può essere utile semmai un domani: in una lezione dal vivo, se ho un dubbio e voglio far sentire un passaggio al professore senza dover prendere un treno per spostarmi verso Bolzano, organizzo la videoconferenza con l’insegnante al quale chiedo: “Ma va bene questo passaggio così?”
Non potrà comunque essere una modalità sostitutiva al mio modo di vedere: se diventasse tale, sarebbe tragico.

Una tale attività non potrà prescindere comunque da una buona qualità dei sistemi audio-video se si vogliono trasmettere delle sonorità e delle immagini a qualcuno che in qualche modo dovrò valutarle.

Proprio per questo, al Conservatorio stiamo acquistando delle postazioni che forniscono una altissima qualità sonora e di video: microfoni, schede audio, schede video, eccetera, in modo tale che lo studente potrà sostenere anche l'esame finale: per questo è necessaria una postazione dotata del massimo possibile della tecnologia. In ogni caso, auspico che si tratti di una situazione di passaggio. Dicono che dobbiamo convivere con questo virus, io dico che dovremmo cercare di non convivere con questo virus, e pensare che, come altre malattie sono state sconfitte, forse lo sarà anche questa.

Una tecnologia così raffinata, che permetta di sostenere un esame, avrà di certo un costo non indifferente.

Sì, abbiamo dovuto sostenere dei costi enormi per ottenere questo risultato.

Le Istituzioni vi supportano sufficientemente?

Ci sono state vicine come possono esserlo in un momento di crisi così grave.
Un cruccio, semmai, sta nel fatto che le informazioni arrivano, qualche volta, un po' contraddittorie, tra un decreto del Presidente del Consiglio, una lettera del Ministro dell’Università e un decreto del Presidente della Giunta Provinciale che qualche volta si contraddicono rendendo poi difficoltosa un’interpretazione corretta e una corretta applicazione di norme o leggi ad esso collegate, ma posso anche capirlo dato il momento davvero critico.

Le vostre istanze sono state recepite e, per quanto possibile, sono state accolte: un supporto viene dunque dato al Conservatorio di Bolzano.

Direi assolutamente di sì.

Qual è la risposta che ha registrato da parte degli studenti e degli insegnanti?

Ci sono dei ragazzi che hanno dei problemi perché non dimentichiamo che, in una zona montuosa come la nostra, la connessione non è un fatto assodato; io stesso, a casa mia, non ho una buona connessione che mi permetta di organizzare videoconferenze ecc.; questo è un problema oggettivo. Al di là di ciò, ho la sensazione che la novità sia stata presa molto bene da parte degli studenti. Ne sono rimasto in parte stupito e mi fa piacere, ma preoccupa dall'altra parte, perché riscontro che molti ragazzi preferiscono una relazione on-line piuttosto che in presenza e questo fa molto pensare. In ogni caso, hanno molta buona volontà, voglia di fare e, in qualche modo, sanno anche accontentarsi delle possibilità delle quali dispongono in questo momento così difficile. Addirittura alcuni professori sono costretti fare lezione via mail a causa della mancanza di una connessione seria, eppure anche questo viene accettato ed eventualmente viene accettata anche la lezione via Smartphone. Insomma, c'è stato un grado di collaborazione altissimo tra professori e studenti, che non mi sarei mai aspettato. Alcuni professori, che non avevano un gran rapporto con internet ed i suoi strumenti, si sono adeguati velocemente e, se la prima settimana dicevano che non avrebbero mai fatto lezione in rete, già nella seconda settimana l'hanno preso in considerazione e alla fine della seconda settimana già operavano in rete senza grandi problemi.

Un esempio di “resilienza trasformativa”(*) da parte dei professori e degli studenti del conservatorio di Bolzano.
Come interpreta il fatto che i ragazzi partecipino alle lezioni di più ora che sono in rete, che non nei momenti di normalità? Sembra quasi una trasformazione antropologica.

È vero, è una trasformazione antropologica. Personalmente non so dire dove stiamo andando. Mi sembra però di capire che c'è stata una disponibilità inattesa forse anche per il fatto che i ragazzi possono rimanere nel loro ambiente, nella loro casa seguendo le loro abitudini ed i loro tempi; in qualche modo questo li ha resi più attenti e disponibili, più rilassati. Nella normalità, se devo prendere un treno, poi un autobus per arrivare a lezione, cercare l’aula, trovarla occupata ecc., certamente tutto si complica. Tutto questo rappresentava un fattore di stress al quale non avevamo pensato, quindi questa nuova tipologia ha tolto motivi di nervosismo agli studenti che, così, hanno partecipato con maggiore volontà ed entusiasmo.
Ho notato, ed è davvero interessante, che molti allievi stanno molto attenti all'immagine di casa propria che, inevitabilmente, viene proiettata alle spalle dello studente attraverso la webcam del computer; hanno cercato anche di rendere il meno invasiva possibile questa lezione via internet: si entra nelle case si vedono le cose.

Per i vostri docenti si è trattato di un percorso di autoformazione o hanno seguito dei corsi organizzati per mettersi al passo dal punto di vista tecnologico e metodologico?

Mi sono rivolto ad un collega molto esperto nell'insegnamento in rete e nei sistemi informatici, il quale ci ha dato le informazioni utili per affrontare queste tematiche e abbiamo imparato tutti come fare. Il sistema in rete diventa assai interessante specialmente per gli aspetti più marginali per cui è inutile muovere persone da San Benedetto del Tronto piuttosto che da Lecce per venire fino a Bolzano per una commissione e così via, perché, in questo caso, è sufficiente la videoconferenza. Queste utili nuove esperienze, certamente non rimarranno lettera morta.

State valutando tutti i pro e i contro; quanto di positivo può essere realizzato tramite la rete rimarrà tale, auspicando comunque di tornare alla lezione in presenza?

Ribadisco, io non sono di quelli che vedono questa cosa come una panacea, ma sono tra quelli che la vedono come una opportunità che ci viene messa a disposizione e che dobbiamo usare col cuore e con la testa. Per questo sono un po' spaventato perché vedo che anche i miei figli sono più interessati davanti al computer che non in classe. Bisogna essere molto guardinghi e delicati in questa a situazione e capire che può essere certamente un'opportunità, ma che va, in qualche modo, attentamente gestita.

Immagino che, anche nel vostro caso, avrete dovuto lottare con la burocrazia che, nonostante tutto, non allenta la sua morsa.

L'aspetto burocratico è una seria criticità. Noi teniamo gli esami via internet, però non c'è una normativa che ci dica come farli e se saranno effettivamente validi. Il decreto del Presidente del Consiglio Conte li rende validi, però la procedura abbiamo dovuto strutturarla noi e quindi non abbiamo la certezza giuridica che possa essere effettivamente riconosciuta, anche se dovrebbe, ma è d'obbligo il condizionale. Dobbiamo sperare che il procedimento che abbiamo immaginato sia quello giusto. La situazione è delicata perché un titolo di studio finale ha valore legale e, per tanto, per esempio nel caso di un concorso, potrebbero esserci dei problemi.

In questo periodo in particolare, quali sono le attività del Conservatorio?

In questo momento ci sono ancora molti corsi, e ci sono anche gli esami finali di marzo che, essendo stati sospesi, ora dovremmo ingegnarci di recuperare, ovviamente, dopo il 18 maggio se vogliamo farli in sede. Quindi la nostra struttura è stata riempita di pannelli di plexiglass per garantire la sicurezza ai fruitori, agli studenti e ai docenti. Dovremo, in qualche modo, individuare un protocollo di ingresso e di uscita dalla nostra sede per avere la sicurezza assoluta sul lavoro.

Non vi è stato ancora inviato un protocollo definitivo sul tema?

Ci hanno comunicato che è in via di definizione; intanto abbiamo anticipato e ci siamo organizzati come abbiamo ritenuto più opportuno, facendo ricorso al buon senso. Abbiamo fissato alcune regole che ci sembravano dettate dalla logica: qualcosa combacerà con le norme che avremo presto e qualcosa dovremo eventualmente riadattare.

Avete dovuto sostenere delle spese per realizzare queste procedure?

Sì, decisamente, e delle spese anche significative per i pannelli in plexiglass eccetera. Però, d'altra parte, non ci sono state le nostre consuete produzioni e, quindi, la situazione si compensa in qualche modo. In questo contesto considero tali spese degli investimenti; in più hanno permesso ai produttori di queste strutture di poter lavorare in un periodo assai difficile. Anche in questo senso è servito positivamente.

Una dura prova per il Conservatorio di Bolzano.

Si, per il Conservatorio questa è stata una prova molto dura, ma ci siamo sorpresi positivamente; anch'io non mi ero mai cimentato con le lezioni in videoconferenza, ma ho imparato a farle e quindi, tutto sommato, sia gli allievi sia i professori in questa situazione hanno imparato tutti qualcosa in più.

Franco Boscolo

(*) RESILIENZA TRASFORMATIVA cfr. “L’utopia sostenibile”, di Enrico Giovannini, Editori Laterza

LA SCUOLA ALLE PRESE CON LA DIDATTICA E LA VALUTAZIONE A DISTANZA

La scuola è costretta, oggi, a confrontarsi con una situazione eccezionale ed improvvisa. Già nei momenti di normalità le criticità erano numerose, ma ora tutto si acuisce dovendo affrontare modelli nuovi di didattica a distanza, non si sa quanto noti ed esperiti, fatta eccezione per l’Università, che complicano numerose ulteriori problematiche.

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