Enrico Lillo: le ragioni di una sconfitta, e l'occasione di una svolta di rinnovamento

Ho atteso che le “acque” si calmassero per rendere conto delle ragioni di una sconfitta al solo scopo di non inquinare il mio ragionamento con malesseri di vario ordine alcuni molto personali. La sconfitta elettorale di Tagnin, risulta essere ancora più amara se ci poniamo in maniera distaccata di fronte al dato numerico.

L’analisi del voto ci consegna uno scenario inequivocabile nel quale, è evidente, che ha vinto ancora una volta la SVP per la quale è indiscutibile il raggiungimento di un ben definito obiettivo politico, ha vinto Caramaschi al quale va riconosciuta la grande determinazione nel proporre e nel sostenere la propria candidatura sino alla vittoria finale, ha perso la destra e con essa gran parte della città, compresa quella astensionista. 

Ha perso, non per la scelta di una strategia dai più, compreso il sottoscritto, ritenuta errata o, come qualcuno ha recentemente affermato, per “tradimento” (rispetto alle alleanze); ha perso perché una parte di essa, non ha voluto, ribadisco VOLUTO, costruire una base unitaria interna tra tutte le forze che la compongono.

Ha perso e malamente, perché qualcuno per interessi di bottega, ha scelto con fredda e cinica determinazione, di pensare al proprio futuro e alla propria sopravvivenza, dall’alto di una sopravalutazione delle proprie capacità e di un presunto potere all’interno di un’area, la quale non ha avuto nemmeno il tempo di nascere, che è già stata protagonista (grazie alla magnifica strategia della sua commissaria) della cacciata nell’oblio del più assordante anonimato, del partito che è stato protagonista della storia politica italiana e dell’Alto Adige negli ultimi 20 anni: Forza Italia.
Ha perso la destra perché la strategia dell’affermazione personale allo scopo di dettare regole, la strategia del esclusione, delle condizioni faziose, dell’interesse di pochi a fronte di quello generale, non paga.

Ha perso perché i patti, le strategie e gli obiettivi si costruiscono e si perseguono insieme, anche se personalmente non si va d’accordo. E, insieme si rispettano le vittorie o le sconfitte che così non possono e non saranno mai del singolo, ma del gruppo.

Ha perso la destra, perché alla fine noi tutti abbiamo meritato di perdere, non per le scelte dei “palazzi romani/milanesi”, che dovrebbero attenersi al solo dare tutele e indirizzi, ma per la irragionevole caparbietà di chi ancora oggi ha la temerarietà di calcare la scena politica, mettendo al primo posto se stesso e non il bene comune, e che non ha ancora capito, che la sua politica già da tempo non infonde certezze e per tale motivo, non persuade più nessuno.

Troppo facile e conveniente attribuire oggi ad altri, i motivi di una disfatta che molti fingono di non vedere, perché è fastidioso prendere atto che essa trova le ragioni e i presupposti in un declino neppure tanto lento, che è stato strumentale agli egoismi personali e di pochi altri politici in carriera, a discapito degli interessi generali della Comunità.
Troppo comodo e conveniente affermare che si è perso solo perché una parte della destra non ha appoggiato al ballottaggio o ha consigliato il voto di protesta. Forse, si è stati incapaci di spiegare le ragioni dell’utilità di un patto con un partito come la Lega i cui ideali antitaliani e separatisti abbiamo sempre avversato. L’alleanza poteva essere “conveniente” se fossimo stati capaci di essere “protagonisti” di quella intesa, se fossimo stati gli attori, la parte attiva e determinata di quell’ accordo, perché il fine (del governo della città) doveva giustificare il mezzo (l’alleanza con la Lega); l’alleanza invece l’avete subita fino in fondo, fino all’annullamento, alla negazione di una ideologia svuotata di ogni identità e propulsione culturale che ci ha sempre contraddistinto.

E la catastrofe si è completata, perché non c’è stata la volontà per i noti motivi personalistici e non per incapacità, di dar vita ad un’alleanza politica, in appoggio ad un candidato unico (Igor Janes) che poteva essere la sintesi di processi economici, culturali e politici capaci di riconoscersi e fondersi in esso ed essere da esso stesso rappresentati. Se così fosse stato, avremmo celebrato oggi altre spinte, altri pensieri, altri progetti.

Pur tuttavia, la sconfitta elettorale richiede non solo momenti di autofustigazione ma la capacità di imprimere una svolta al processo di costruzione di un’area, quella di Centro Destra, affinché i partiti siano in grado finalmente di realizzare un suo vero radicamento popolare, passando attraverso la definizione di una precisa identità politica, strutturale e programmatica. Senza inutili recriminazioni e regolamenti di conti, anche se mi tocca rimarcare, perché i fatti lo dicono, che non vi possono né vi devono più essere santuari intoccabili.

Sono ormai contro la cristallizzazione delle appartenenze e gli antichi rancori e oggi, per superare l’onta di una sconfitta, che mai come questa volta poteva essere invece celebrata come una vittoria, occorre riaprire il processo di rinnovamento dei gruppi dirigenti e premiare la competenza, il merito, la reale capacità di rappresentanza, il pluralismo culturale, con una discussione seria, trasparente e soprattutto partecipata che sia forza propulsiva di un processo costitutivo quanto mai inevitabile. Noi ci siamo!

Enrico LILLO
Coordinatore Provinciale di Conservatori e Riformisti

Last modified onDomenica, 05 Giugno 2016 10:53