Hammamet, un film può aiutare a riflettere su una fase storica e sugli strumenti della politica

Era forse inevitabile che nel Ventennale della morte, sostanzialmente in esilio, di Bettino Craxi ad Hammamet (Tunisia) uscisse un film come quello intitolato appunto con il nome della città tunisina, regista Gianni Amelio, protagonista (che ha lavorato à la Stanislawskj, ossia seguendo l'immedesimazione anche fisica nel personaggio) Pierfrancesco Favino, una garanzia nell'attuale cinema made in Italy.
Parallelamente anche il giornalista Fabio Martini pubblica la biografia "Controvento" (Rubbettino, editore), quando da poco era in libreria "Presunto colpevole" di Marcello Sorgi.


Non è chi non veda, confrontando l'oggi della sequela Monti-Letta-Renzi-Conte (quest'ultimo in versione 1 e 2) l'abisso politico e culturale che separa la "Prima Repubblica" e segnatamente Craxi, dall'oggi.
A parte la teoria (comunque corposa: si pensi al cosiddetto "Vangelo socialista", ossia il saggio che rivaluta il socialismo liberale di Proudhon rispetto a Marx), "discutibile" (ma detto nel senso letterale della parola, ossia "su cui si può discutere") c'è l'azione politica, che ha comunque fatto storia, in confronto con la vuotezza, ad esempio, di un personaggio come Conte, avvocato levantino capace di giravolte databili a singole giornate, per non dire di Luigi Di Maio, ma in genere dei "5 Stelle", che, anche se il termine è abusato, non sono "né carne né pesce", non avendo alcun riferimento culturale-politico (non diremo ideale, anzi io uso ancora "ideologico", che non è una parolaccia...) e alcuna bussola... Sono riflessioni che oggi, comunque la si pensi, credo s'impongano....
Ma veniamo ad un commento del film Hammamet. Premetto che questa non è una recensione cinematografica; ne usciranno e ne escono tante e dunque non avrebbe senso, né me la sentirei. Limitandoci alle considerazioni politiche e umane, direi che Gianni Amelio, regista, soggettista e sceneggiatore con Alberto Taraglio, abbia voluto privilegiare nettamente l'aspetto umano dell'esule-profugo (io direi esiliato) in Tunisia ex-presidente Bettino Craxi, in quella che non era certo una reggia, non un maison dorée, ma quasi una "prison dorée".
La prima parte, breve, ci mostra il congresso del PSI del 1989, in cui Craxi venne rieletto plebiscitariamente ("maggioranza bulgara"), con un ex-compagno di partito, Vincenzo, che gli rivela l'inizio di "Mani Pulite", e poi l'ultimo anno di vita, il 1999, tra ricordi, visite (anche di avversari non pregiudizialmente "nemici"), la malattia e poi... la morte.
All'inizio, si sente Bettino che, sempre fedele al socialismo democratico, se la prende con conservatori e con comunisti, ribadendo la terzietà del socialismo tricolore, ben capace di inserirsi nell'eurosocialismo... C'è poi la rampogna contro il facile "giustizialismo" di "Mani Pulite" (nel film non si fa mai alcun nome...), ribadendo che la politica ha bisogno di denaro e dell'investimento di denaro, che "senza soldi non la si può fare".
Craxi diviso tra rancore e rimpianti, come umano (la sua sorte amara ricorda, senza avere alcuna colpa, al di là dei "finanziamenti illeciti", che prendevano tutti, ma il maggiore partito di opposizione, ricorda Favino-Bettino nel film, non viene toccato da "Mani Pulite", mai nominata in questo modo...) e un bellissimo brano degli scritti di Craxi, in cui si ribadisce il concetto di "popolo" versus quello ambiguo quanto "flou" di "gente", invalso (anche qui Favino-Craxi non esplicita la cosa) a livello popolare dal buonista Veltroni in poi...
Un Craxi con cui Favino si identifica per la parte, senza toccare il coté politico, ma schiacciando il pedale sul versante umano, nietzschianamente diremmo quasi "troppo umano"... Nei titoli di coda non si nomina alcun consulente storico, ma gli archivi consultati non sono pochi, da quello dedicato a Lelio Basso, all'Archivio Craxi curato dalla figlia Stefania...
Certo, "ToloTolo" di Zalone farà più "incassi", visto anche il trailer che passato in TV, con la capziosa polemica sul presunto razzismo, ma questo è un film che, con la capacità immediata che ha il cinema (Walter Beniamin dixit) farà riflettere qualcuno, magari esortando, sulla scorte di Guicciardini e Foscolo, alle "istorie". Almeno così è lecito sperare...
Eugen Galasso

Last modified onVenerdì, 17 Gennaio 2020 14:57