Andrea Costa, un socialista passato dal ribellismo anarchico al riformismo

"Si nasce incendiari, si muore pompieri" (Pitigrilli): la frase della scrittore ebreo torinese non vale poi sempre, pur se in certi casi può valere. Certo non per Andrea Costa (1852-1910), grande socialista, nativo di Imola, tra i fondatori del Partito Socialista Italiano, nato anarchico, poi, già da giovane diventato socialista con profonda convinzione.

Errore eterno degli anarchici nel considerare Costa un "traditore", quando invece la sua è una maturazione, anche sotto l'influenza di Anna Kuliscioff, poi compagna di Turati, dal ribellismo senza criterio al serio riformismo; il 27 aprile 1890 Costa interviene sul "Resto del Carlino", con un appello in occasione del Primo Maggio, che diventerà ufficialmente festa e ricorrenza civile solo un anno dopo, nell'arretrata (almeno allora) Italia, allora "Regno"... 

Costa, che però distingue tra quelle zone (la sua Romagna, per ex.) "in cui la grande industria non penetrò generalmente ancora ed ove il mestiere e la piccola industria prevalgono" e i centri industriali, "là dove le grandi officine agglomerano gli operai a centinai a migliaia" e là, aggiunge il leader socialista, "la manifestazione del 1° maggio ha ogni ragion d'essere".

Esorta poi alle manifestazioni pubbliche "purché non trascenda a violenze, non obblighi a scioperare chi non voglia e non possa, e non dia argomento a conflitti con la pubblica forza" (ora ripubblicato nel supplemento allo stesso giornale, 26.04.2015) .

Parole di un'attualità assoluta, nonostante il cambiamento radicale di contesto storico-sociale, come l'invito alla solidarietà internazionale dei Lavoratori (certo non con stipendi da fame come in Asia e altrove!), parole di moderazione ma anche di giusta rivendicazione per nulla corporativa, che si inseriscono nel solco che da Costa va a Turati, a Nenni, a Craxi.

Ma il 1°maggio 1898, su ordine di Di Rudinì, primo ministro, e quasi certamente anche di re Umberto Primo, il generale Fiorenzo Bava Beccaris, fece sparare sugli operai, un vero massacro - 80 morti e 450  feriti. Vera e propria strage di stato, essa non si sarebbe certo fermata o attenuata con ribellismi violenti di stampo anarchico, anarcoide o comunque iper-radicale, anzi essa sarebbe stata ancora più violenta. 

Una lezione, quella di Costa, da ricordare e tesaurizzare, in tempi di confusione neo-post-moderna, per quello che valgono queste definizioni...   

 

Eugen Galasso

Last modified onDomenica, 05 Giugno 2016 13:55