Come fronteggiare l'IS?

In "The Atlantic" di fine aprile, Graeme Wood pubblica un saggio sull'ISIS (o ormai solo IS, Islamic State,  come suggerisce qualcuno), dove conclude affermando come tale realtà (lo è, purtroppo) sappia "influenzare poderosamente un certo settore della popolazione". Cita anche tale Musa Cerantonio, mezzo italiano e mezzo irlandese, telepredicatore trentenne in Iquaa TV, al Cairo, ora attivo in rete, che vive ora in Australia, come "autorità spirituale", anche se le autorità australiane gli impediscono di muoversi da Melbourne, dato che gli hanno tolto il passaporto : è uomo mite e amichevole, afferma Wood, odia la violenza, impallidisce a vedere le decapitazioni, ma considera che i seguaci dell'IS sono obbligati ad appoggiarla. Il "Califfato", per lui, è veicolo di salvezza, non solo mera entità politica. 

Wood vede analogie con l'atteggiamento di George Orwell, il grande anti-utopista autore di "1984", socialista libertario che scrisse anche "Omaggio alla Catalogna", in epoca di rivoluzione(guerra, forse meglio) civile spagnola negli anni Trenta del 1900, quando recensiva il "Mein Kampf": "Non ho mai potuto sentire antipatia per Hitler", in quanto avrebbe avuto in sé qualcosa in grado di suscitare la compassione, quale "naturale perdente", dove Orwell affermava ancora: "Se stesse uccidendo un topo, sarebbe capace di far credere che uccide un drago".  

L'IS, conclude Wood "non è da sottovalutare per la sua attrattiva ideologica e religiosa." Non esclude l'importanza di "strumenti ideologici per far vedere ai potenziali convertiti che il messaggio dell'IS è falso", neppure strumenti militari, ma "si può fare poco contro un'organizzazione tanto immune dalla persuasione come questa e la guerra sarà possibilmente lunga, anche se non durerà fino alla fine dei tempi". 

Lo scrittore angloindiano Salman Rushdie, invece, ritiene che "si debba creare uno Stato multiislamico in Irak ed è molto interessante che ci siano diversi paesi sunniti che si stanno associando alla battaglia contro l'IS, il che potrebbe preludere a una soluzione non militare", pur se ritiene "necessario un controllo militare, perché sono questo (quelli dell'iS): un esercito" (intervista a Rushdie del 6 ottobre 2014, in "El Paìs"). 

Molto più perentorio Mario Vargas Llyosa, per il quale "L'origine della violenza praticata dagli Yihadisti la sua radice nella propria religione, l'Islam" (El Paìs del 19 aprile 2015). 

Loretta Napoleoni, saggista e specialista italiana di terrorismo, vede una continuità con Al Quaeda e con post-guerra nel Golfo (la seconda, quella del 2003). 

La studiosa e pensatrice somala Ayaan Hirsi Ali, invece, propone alcune ricette, probabilmente inaccettabili per l'IS: "Far in modo che Maormetto e il Corano si prestino a interpretazione e critiche", "Dar priorità alla vita, non alla vita dopo la morte", "Limitare la sharia e porre fine alla sua preponderanza, con rispetto per la legge secolare", "Smetterla con la pratica: ordinare ciò che è bene, proibire ciò che è male"; "Abbandonare l'incitamneot alla yihad" (in "El Paìs", supplemnto "Domingo". 12.04.2015). 

Ipotesi, suggerimenti, interpretazioni di un fenomeno e di  fronte a un fenomeno certo gravissimo e tuttora preoccupante.  

Eugen Galasso

Last modified onDomenica, 11 Ottobre 2015 13:10