La condanna a Bossi per vilipendio: assurdo un reato simile in democrazia

La condanna di Umberto Bossi a 18 mesi per vilipendio al Capo dello Stato e al Presidente del Consiglio, nel 2011 (erano rispettivamente in carica Giorgio Napolitano e Mario Monti), appare assurda.

In primis l'articolo del Codice Penale che prevede il "reato di vilipendio" è il 290, essendo ancora in vigore il Codice penale fascista. Se lo Stato è "democratico" non si vede perché non se possano criticare, anche pesantemente, le istituzioni. Oltre a tutto, dato che l'applicazione è retroattiva(nessuno dei due "offesi" è più in carica), il tutto ha il sapore di una ritorsione - "condanna politica". Il tutto è grottesco, considerati anche i problemi che ci sono.

Fosse stato, probabilmente, un leader della "sinistra", magari del PD, le attenuanti del caso si sarebbero fatte funzionare tutte e pienamente, ma, dato che si tratta di Bossi, i cui toni possono essere esagerati (ma nel comizio chi non "esagera", certo con diverse varianti, con declinazioni diverse e varie dell'"esagerazione"?), ma che è ormai "fuori dal giro", ma rimane "padre nobile" della Lega, la magistratura, in gran parte di "sinistra", si scatena.

Lasciamo perdere il fatto che l'anziano leader da anni stia male, che le sue condizioni fisiche e psico-fisiche siano visibilmente alterate. Il reato di vilipendio è anacronistico, mutuato, come si è detto, dal fascismo e dal Codice penale Rocco, in gran parte ancora vigente (già questa è una palese assurdità), certo non modificato in questa parte: i legislatori supponendo, dovremmo evincerne, che le istituzioni siano così fragili da essere scalfite da ogni pensiero, opinione espressa ad alta voce di un cittadino, magari "autorevole". Un complesso di assurdità, invero, preso sul serio... Quando c'è di mezzo chi "non è moderato", non accetta supinamente i diktat, la tagliola incombe e "funziona"...

Eugen Galasso

Catalogna: il peso delle ragioni economiche sul voto di domenica

Tante analisi e tanti commenti (El Pais di domenica 27 ne pullula letteralmente) sul voto spagnolo o meglio, vista la situazione, catalano.

L'"indipendentismo" di Mas & Co.si è affermato, ma non ha vinto-stravinto. Vedremo il seguito, ma, se si sono tirati in ballo i concetti di nazione, nazionalismo, patriottismo (con una bella definizione di Ambrose Bierce...), di Stato, di grandi valori e ideali, ma, forse (forse, non esclude le motivazioni ideali...) il tutto ha motivi soprattutto socio-economici, come vorrebbe il materialismo storico: Cataluna (la Catalogna) è più ricca del resto della Spagna (o della Spagna, Mas dicit et dixit).

Lasciamo da parte le interpretazioni, di parte o meno... certo non gioiranno i separatisti -indipendentisti di ogni altra parte d'Europa, che speravano in un risultato molto più netto, ma non è ancora detta l'ultima parola. Certo gli Italiani non potranno più dire "Viva la Francia, viva la Spagna, purché se magna", vecchio detto da commedia dell'arte, in quanto senza Cataluna la Spagna sarebbe certamente più povera. 

  
E.Galasso     

Catalogna: ma l'indipendentismo non è in maggioranza

E' utile sottolineare che il voto di domenica in Catalogna non era un referendum ma l'elezione del nuovo parlamento locale/consiglio regionale. La maggioranza dei Catalani non ha votato per gli indipendentisti. E' grazie ai meccanismi elettorali che, pur moniranza nelle urne, gli indipendentisti hanno la maggioranza dei seggi.

Detto ciò, è chiaro che la politica istituzionale catalana ha accentuato i propri contenuti pro-indipendenza dalla Spagna.

Vedremo gli sviluppi.

 

Pietro Vittorio 

Scompare con Ingrao un personaggio-chiave della storia repubblicana

Morto Pietro Ingrao, centenario. Vecchio leader della "sinistra" del PCI, era un "libertario", ma la sua critica ai paesi dell'Est e del blocco "sovietico" era arrivata un po' tardi, tanto che nel 1956 il "nostro" aveva plaudito all'invasione URSS in Ungheria, pentendosene in seguito. Idem, del resto, il leader migliorista (suo avversario di sempre) Giorgio Napolitano.

Poeta (di valore) e politico (anche, senza alcun dubbio) era rimasto "spiazzato" dal crollo dell'URSS e dei "satelliti", come altri, del resto. 

Un personaggio-chiave nella storia della Repubblica, Ingrao era stato anche Presidente della Camera nella seconda parte degli anni 1970. Non un "dogmatico", ma talora costretto ad esserlo, per disciplina di partito.   

Eugen Galasso

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